La croce dei pro-life pensando alla Marcia per la Vita

“Dal momento che vi sono tra voi invidia e discordia, non siete forse carnali e non vi comportate in maniera umana? Quando uno dice: «Io sono di Paolo», e un altro: «Io sono di Apollo», non vi dimostrate semplicemente uomini? Ma che cosa è mai Apollo? Che cosa è Paolo? Servitori, attraverso i quali siete venuti alla fede, e ciascuno come il Signore gli ha concesso. Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma era Dio che faceva crescere. Sicché, né chi pianta né chi irriga vale qualcosa, ma solo Dio, che fa crescere.” (1 Cor 3,3)

Secondo S. Paolo le divisioni nascono dalla presunzione di ciascuno di “valere qualcosa” e di ritenersi sapiente o dotto: “Dov’è il sapiente? Dov’è il dotto? Dov’è il sottile ragionatore di questo mondo? Dio non ha forse dimostrato stolta la sapienza del mondo?”, dirà più avanti nella lettera.

E’ solo Dio l’artefice del Suo Regno e della civiltà dell’Amore ma, come ricorda anche Benedetto XVI, ha bisogno della collaborazione dei suoi “servitori”.

Il mondo pro-life combatte la battaglia più importante in assoluto, quella per difendere la nota più alta della Creazione di Dio, la Vita umana innocente, e aiutare i fratelli ad aprire gli occhi verso il peccato più abominevole, l’aborto.

La causa è talmente importante da richiedere la massima compattezza tra i cristiani e invece proprio qui si registrano le peggiori divisioni. Troppi “dotti”, “sapienti” e “sottili ragionatori”, e io tra questi, si appropriano abusivamente di un potere che appartiene solo a Dio: quello di “far crescere”.

Un esempio viene dalla incapacità dei pro-life di convergere uniti verso la Marcia per la Vita, una manifestazione pubblica, non ancora imponente ma è l’unica significativa tra quelle finora organizzate in difesa della Vita. Per questo andrebbe sostenuta e promossa ancora, invece i dissidi personali rischiano di distruggerla, sostituendola col nulla.

Superare questi dissidi è durissimo per il nostro orgoglio di esseri “carnali”, ma non possiamo rassegnarci all’irrilevanza in una società dove la cultura del male e della morte dilaga.

Cominciamo a riconoscere che, per l’effetto del peccato originale, le divisioni tra cristiani, sempre esistite da 2000 anni, non cesseranno mai. Dopodiché ogni persona dovrebbe avere uno speciale cimitero personale, dentro il quale seppellire gli errori e le colpe delle persone.

Solo così saremmo quel minuscolo, quanto indispensabile, mattone che serve a Dio per la costruzione del Suo Regno di pace e di giustizia. Certo, gli accenti potranno essere diversi, ma non importa. C’è chi ha la capacità di piantare, ma non quella di irrigare e viceversa.

Sia questa la nostra croce in vista del 10 Maggio ben sapendo che Cristo risorto proprio con la Sua Croce ha vinto l’odio e la morte.

Ispiriamoci a San Giovanni Paolo II che ci invita, nella sua mirabile Evangelium Vitae, a non rassegnarci.

E come potremmo rassegnarci alla barbarie di 37 anni di aborto di Stato?

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